YouTube è una tv? In Italia si uccide la libertà

L’ Agcom si fa portavoce di un’ altra grande idea, si davvero grande. L’ Italia, unico paese occidentale che dalla fine del 2010 cosidererà YouTube come un televisione. Voi direte: “Ok, dov’è il problema?”. Il problema c’è, e come se c’è. Tutte le regole valide per la tv, adesso valgono anche per YouTube, DailyMotion e altri siti minori, quindi ad esempio, “obbligo di rettifica entro 48 ore dalla richiesta degli interessati, che si sentano diffamati da un video” o “Divieto di pubblicare contenuti inadatti ai bambini durante le fasce orarie protette”. Fasce protette? Ma stiamo scherzando? Come si stabiliscono le fasce protette sulla rete? Internet è libero e deve restare tale. Magari non sono molto chiaro, per questo vi riporto la spiegazione di Guido Scorza di Wired.

“Sono stati finalmente pubblicati sul sito internet dell’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni i due regolamenti relativi all’attività di fornitura di servizi media audiovisivi in modalità lineare e on demand.

La disciplina delle web radio e web tv, dopo mesi di dubbi è incertezze è, ora, stata messa nero su bianco.

Il contenuto dei due provvedimenti conferma, in buona parte, quanto si era già appreso all’indomani dell’approvazione delle due delibere AGCOM: l’ambito di applicabilità della nuova disciplina è limitato a quei fornitori di servizi media audiovisivi che svolgano un attività non precipuamente economica ed in concorrenza con la radiodiffusione televisiva con “esclusione dei servizi i cui ricavi annui derivanti da pubblicità, televendite, sponsorizzazioni, contratti e convenzioni con soggetti pubblici e privati, provvidenze pubbliche e da offerte televisive a pagamento, non superino centomila euro”.

Le web tv e web radio più piccole sono, dunque, escluse dalle formalità e dagli obblighi previsti dalla nuova disciplina.

Per coloro che, invece, superano i cento mila euro di ricavi sarà necessario, per lo svolgimento dell’attività lineare (streaming), richiedere un’autorizzazione che potrà essere concessa attraverso il c.d. silenzio-assenzo: si presenta la domanda e si attendono trenta giorni, dopo di che, salvo che l’Autorità non chieda chiarimenti, si può iniziare ad operare.

Sono egualmente esclusi dall’ambito di applicazione del regolamento quei soggetti che trasmettano un palinsesto di consistenza inferiore alle 24 ore a settimana.

Con la domanda occorre produrre tutta una serie di documenti, puntualmente indicati all’art. 3 del Regolamento e, soprattutto, prova dell’avvenuto versamento del contributo per il rimborso delle spese di istruttoria, il cui importo è ora stato ridotto a 500 euro per le web tv e a 250 euro per le web radio.

Il fornitore di servizi media audiovisivi tenuto alla richiesta di autorizzazione deve, inoltre, procedere all’iscrizione presso il registro degli operatori di comunicazione.

Gli stessi limiti ed un’analoga disciplina è prevista per l’esercizio dell’attività on demand.

In questo caso, tuttavia, anziché una richiesta di autorizzazione è sufficiente una semplice denuncia di inizio attività,  a seguito della quale, pertanto, può iniziarsi ad operare senza attendere i 30 giorni per il compimento del silenzio assenso.

Anche in tal caso, peraltro, la denuncia di inizio attività va accompagnata dalla produzione di tutta una serie di documenti, tra i quali la prova del versamento di un contributo pari a 500 euro.

Mentre non sembrano sussistere dubbi circa la circostanza che coloro che svolgono contestualmente attività di diffusione di contenuti audiovisivi in modalità lineare e on demand, possono denunziare l’inizio della seconda, contestualmente, all’inoltro della domanda di autorizzazione relativa alla prima è, meno chiaro, se, in tal caso, siano tenuti o meno al pagamento di un secondo contributo relativo al rimborso delle spese di istruttoria per l’attività on demand.”

Cioè YouTube, un sito che si regge sui video uploadati dagli utenti, deve chiedere un permesso? A chi? Ma poi perchè dovrebbe? Chiedere un permesso per far vedere dei video? Le conseguenze sono molteplici: una volta che un sito web come YouTube viene considerato servizio audiovisivo, dovrà pagare una piccola tassa (500 euro), ed inoltre sempre dalla parole di Scorza si capisce come si sia fatta sentire la Mediaset in questa questione: “nei vari processi contro YouTube, per violazione di diritto d’autore, si rafforzerà il concetto che il sito ha una responsabilità editoriale. Dopo questa delibera, sarà difficile per il giudice stabilire il contrario”.

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