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Openleaks continua l’ opera di Assange

Oggi va online Openleaks, sito nato dall’azione di alcuni ex collaboratori di Julian Assange e in particolare di Daniel Domscheit-Berg, licenziatosi da WikiLeaks. Una sorta di progetto gemello, simile ma con una linea generale di condotta diverso.

OpenLeaks proporrà sempre le sue preziose notizie alle principali testate giornalistiche, ma senza interporre alcune agenda politicaed inoltre, non pubblicherà indistintamente qualsiasi contenuto, ma offrirà alle testate giornalistiche l’opportunità di scegliere cosa fa al caso proprio e diffonderle.
Parole dure proferite dal fondatore del nuovo sito anche per quanto riguarda l’accusa di stupro mossa ad Assange:“se predichi trasparenza agli altri, devi cercare di essere trasparente anche tu. Devi impegnarti a soddisfare gli stessi standard che ti aspetti dagli altri, ed è proprio su questo aspetto che filosoficamente la direzione mi sembra cambiata”. OpenLeaks oggi online Openleaks.

La resistenza di Wikileaks

Assange afferma: “Il mondo sarà un posto migliore”. Proprio per difendere questa volontà nonostante gli attacchi sia al fondatore di wikileaks, sia di tipo informatico, sembrerebbe che la verità non voglia cedere il passo all’ oscurantismo posto in tutti sensi dalle autorità.

Dopo aver cancellato il dominio americano, è rimasto oscurato per sei ore prima di ricomparire con un nuovo dominio svizzero, wikileaks.ch, e, nelle ore successive, anche con domini .de, .fi, .nl.

Un comunicato sul sito di everydns.net, uno dei più grandi siti che forniscono gratuitamente domini Internet, ha spiegato di aver interrotto la fornitura del dominio a Wikileaks.org per la violazione della clausola che afferma che «il membro non deve interferire con l’utilizzo o la fruizione del servizio da parte di un altro membro o con l’utilizzo e la fruizione di servizi simili da parte di un altro soggetto». Gli attacchi informatici multipli Ddos contro Wikileaks  mettevano a rischio l’accesso agli altri 500mila siti gestiti da everydns.net. L’avvocato di Assange, Mark Stephens, ha affermato che c’è uno Stato dietro gli attacchi informatici. Adesso si pensa che il sito di Julian Assange avrebbe trovato ospitalità in un server che opera da un bunker sotto una montagna della Svezia.

Molti pensano che, nonostante le varie fughe del sito, prima o poi Assage e i suoi informatori verranno messi a tacere con una chiusure definitiva, ma proprio invece il fondatore assicura che si sbagliano: anche se il sito dovesse essere in qualche modo bloccato, non c’è modo di fermare il «CableGate»: “L’archivio del Cablegate è stato disseminato in forma criptata ad oltre 100mila persone: se dovesse succederci qualcosa, le parti fondamentali verranno diffuse in maniera automatica. Inoltre, gli archivi sono anche nelle mani di numerose testate giornalistiche.”

Sembra che quindi questa storia non sia destinata a terminare nei prossimi giorni…ci aspettiamo altri scontri e molte novità.

La Cina dietro l’ attacco a Google?

Wikileaks ha rilasciato informazioni anche su avvenimenti del mondo del web: il sito ha infatti rilasciato documenti che contengono scottanti verità su un fatto che ha scatenato non pochi problemi a livello politico: gli attacchi mirati contro Google e altre aziende USA operanti in Cina. Nella documentazione, infatti, è presente una nota: l’ attacco cracker di gennaio è tutta opera della Cina.
I sospetti già al tempo ricaddero sul governo cinese e in primis Google, uno tra i gruppi più duramente colpiti, affermò che si trattava di un attacco mirato e di alto livello, un accesso ai server che, partendo da Gmail, metteva in pericolo i dati personali archiviati in Cina. Il risultato è stata la rottura dei rapporti e l’abbandono di Google.cn.

Adesso, questi documenti rilasciati, non fanno altro che confermare quelli che erano semplici rumors, facendo nascere un caso internazionale: un contatto cinese ha confermato all’ambasciata USA a Beijing che il Politburo cinese ha attivamente orchestrato la campagna d’attacco contro le aziende USA e che quindi dietro l’affair Google ci siano direttamente i vertici delle istituzioni del paese.
La Cina ovviamente nega tutto: «Le accuse per cui il governo cinese avrebbe partecipato a qualsivoglia cyberattacco, sia in modo esplicito che in modo non esplicito, sono senza fondamento e mirano a denigrare la Cina. Ci opponiamo con forza a ciò».