Accuse privacy per Android

Alcune applicazioni Android sono sotto accusa perché inviano i dati personali degli utenti senza chiedere un’autorizzazione specifica. I ricercatori di alcune università americane hanno messo a punto un programma, TaintDroid, che rileva l’invio non autorizzato di informazioni. Il risultato è che il 50% delle applicazioni invia a terzi i dati come il numero seriale della SIM dell’utente, il numero di telefono e la localizzazione GPS.
Una ricerca pubblicata da tre istituti di ricerca dimostra infatti che il 50 per cento delle applicazioni Android può segretamente condividere le tue informazioni con gli inserzionisti. I ricercatori della Duke University, della Penn State University e di Intel Labs hanno sviluppato un software chiamato TaintDroid, che è stato in grado di rilevare e segnalare quando le applicazioni trasmettono informazioni private a server remoti.

Tra le 385 applicazioni più scaricate dall’Android Market, i ricercatori ne hanno testate 30 con TaintDroid: 15 sono risultate positive al test perché inviavano informazioni private a server pubblicitari senza informare gli utenti. Tali informazioni in un telefono cellulare corrispondono al numero della carta SIM, alla localizzazione GPS dell’utente e al numero di telefono. E questo non succede solo con le applicazioni Android. I ricercatori hanno usato le trenta applicazioni più diffuse in 22 categorie che richiedevano il permesso per accedere a Internet, insieme al permesso di accedere al luogo, a una fotocamera o ai dati audio.

Gli utenti ripongono la loro fede negli sviluppatori di applicazioni ma il fatto è che, “il controllo grossolano di Android all’accesso fornisce una protezione insufficiente contro le applicazioni di terzi che cercano di raccogliere i dati sensibili”, hanno scritto i ricercatori coinvolti in questo studio. Android infatti, quando si installa una nuova applicazione, informa l’utente che i suoi dati potrebbero essere usati da terzi.

Poi però non esiste un modo per sapere effettivamente quali dati vengono trasmessi e con quale frequenza. Tutto dipende dal rispetto di regole deontologiche dello sviluppatore dell’applicazione. Certo è possibile esaminare il codice dato che Android è un prodotto open-source, ma non tutti gli utenti sono in grado di farlo: il consumatore medio finale che usa lo smartphone quotidianamente non può quindi controllare come vengono inviati i suoi dati. L’implicazione non secondaria di questo aspetto è che nel caso di sistemi chiusi come iPhone e Blackberry, non c’è alcun modo per l’utente finale di eseguire questo controllo.

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